Lo storico gruppo nasce a Milano nel 1982 dalla convergenza delle esperienze di Fabio Cirifino (Milano 1949) per la fotografia, Paolo Rosa (Rimini 1949) per le arti visive e la regia, Leonardo Sangiorgi (Parma 1949) per la grafica e l’animazione.L’attenzione al contesto sociale verso cui l’opera è indirizzata si rende evidente sin dai primi videoambienti degli anni ’80, per trasformarsi nel corso del tempo in una vera e propria centralità dello spettatore, chiamato a svolgere un ruolo attivo nell’opera, diventandone co-protagonista animando gli elementi con cui interagisce e allo stesso tempo mettendo in campo il proprio bagaglio emozionale. Nascono così, a partire dal 1995, gli ambienti sensibili, installazioni interattive che reagiscono alle sollecitazioni esterne come il calpestio, il tocco, l’emissione di suoni o il movimento. La riflessione sulle arti visive e i mezzi di comunicazione investe anche i campi del teatro sperimentale, tra musica, danza e videoproiezioni – si pensi allo spettacolo Camera Astratta del 1987, presentato a Documenta 8 e vincitore del Premio Ubu, oppure a The Cenci a Londra nel 1997 – e del cinema: Il Mnemonista del 2000 è una delle realizzazioni più note, incentrata sull’interazione tra vita e memoria, realtà e visione. Sin dagli esordi il gruppo svolge anche una profonda riflessione teorica sulla condizione dell’arte e sulle potenzialità dei mezzi di comunicazione, in particolare attraverso l’attività critica di Paolo Rosa.
L’opera realizzata per il Padiglione Vaticano riguarda il momento della Creazione. Si tratta di un ambiente sensibile di 120 mq dal titolo In Principio (e poi), progettato appositamente per l’esposizione veneziana. Il lavoro affronta il tema della narrazione biblica attraverso uno spazio che evoca un grande solido di pietra che si dischiude. Al suo interno immagini immateriali si animeranno al contatto delle mani dei visitatori, suggerendo il regno animale, quello vegetale e il dominio della parola pronunciata dall’uomo. L’essere umano è visto come “portatore di storie”, di narrazioni personali che attraverso i linguaggi multimediali concorrono al grande racconto delle origini e del rapporto dell'uomo con lo spazio e il tempo. Sono le voci, i volti e i gesti di uomini che vivono una condizione di costrizione dello spazio e del linguaggio a porgere le loro storie: detenuti e detenute del carcere di Milano-Bollate ripercorrono le loro personali genealogie, in una costruzione di identità che si muove a ritroso fin dove la memoria di ognuno può giungere. Lo spettatore è sollecitato a entrare in relazione con i "portatori di storie" e attivare, così, la propria storia, superando la dimensione formale della rappresentazione per immergersi nel concetto di origine, rivitalizzandolo, oppure estraendo forme, creature e suoni dai movimenti delle mani e dal linguaggio dei segni di altri "portatori di storie". Emerge la straordinaria capacità di Studio Azzurro, che ne ha fatto in trent’anni di attività uno dei collettivi artistici più apprezzati nel mondo: quella di saper fondere spazi fisici e spazi della narrazione e dell’immaginazione, utilizzando gli strumenti della tecnologia per produrre una conoscenza attiva, condivisa attraverso il contesto aperto della sensorialità, e far emergere le potenzialità creative di chiunque entri a contatto con l’opera.